Agosto

Ci presentarono in un piovoso pomeriggio, ero uscito a bere qualcosa in un bar nei pressi del porto incurante delle avversità atmosferiche con ai piedi dei sandali e indosso dei pantaloncini e una maglietta grigia con stampata una frase di Sepulveda. Mi disse che aveva visto delle mie opere in una personale che si tenne nel cortile del municipio di Veglie nell'estate nel 1982. Finsi di ricordare. - Ho anche un suo autografo - concluse.
Ero stanco, e poi il tempo cattivo risvegliava qualche vecchio acciacco e mi rendeva nervoso e di cattivo umore. Ma dato che nel mio corpo siamo in due a ragionare e per di più io mostro spesso scarso potere decisionale, andò a finire che venni persuaso a invitarla ugualmente da me.
Quel anno, quel estate, non avevo affittato la solita casa per via di alcuni problemi che durante la passata stagione mi trovai ad dovere affrontare con il padrone di casa, poi, e con sua moglie prima di lui. Tuttavia la nuova sistemazione mi convinceva parecchio, vuoi perché la proprietaria era una anziana donna quasi prima di denti e mia lontana parente, così almeno diceva lei, vuoi anche perché la casa aveva nel paese una posizione migliore: più strategica.
Entrammo, le feci strada. L'ambiente era poco luminoso, anche lei lo notò:
- C'è buio - disse.
Aprii le imposte, di una finestra che dava su di uno strettissimo vicolo:
- Va meglio così? - le chiesi. Fece cenno di sì con il capo e sorrise.
Nel mezzo della stanza di ingresso campeggiava su di un cavalletto un dipinto solo abbozzato, in cui una donna veniva decapita, si soffermò a osservalo, la interruppi:
- Ti piace, Angela? - ero già passato al tu e le mettevo una mano sulle schiena. Si voltò verso di me, restammo in silenzio per un attimo, solo allora mi accorsi che fuori il temporale era cessato. Senza dire altro, e senza guardarmi si alzò la gonna e con forza mi costrinse a inginocchiarmi facendo pressione sulle spalle. Le scesi le mutandine e non seppi fare meglio che infilarle dentro un dito.
- Ha per caso una laurea in ginecologia? - domandò scoppiando in una sana risata. Intuii il senso di quella battuta e l'accontentai anche se, lì a terra, in ginocchio, il dolore alla schiena divenne insopportabile, non potevo di certo stringere i denti!
Chissà come avrà interpretato quelle smorfie dovute allo stato delle mie malconce vertebre lombari? Più tardi, quando andò via sbattendo la porta indispettita da una battuta decisamente fuori luogo che proprio non seppi trattere, risolsi tutto con una supposta di Voltaren. Fu solo in quella dolce penetrazione che trovai l'unico sollievo di quell'uggioso pomeriggio.

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