Vuoi sapere se sudo? (2005) di Onesto Trimone

Ho le mani che somigliano ad altro. Così non la potrò abbracciare né accarezzare di certo. No. È presto, il sole è ancora in bagno a lavarsi la faccia io invece sono già per la strada. Il barista stamattina non sa cosa dirmi (vengo qui perché la colazione, cappuccino e cornetto costa un euro soltanto) e accenna, di sicuro lui è già più stanco di me, un fiacco saluto. L’autobus è vuoto, c’è solo qualche immigrato che seduto guarda la città sbadigliargli in faccia. Io resto in piedi. Devo andare a tagliare i capelli, penso, mentre digrigno i denti sullo specchietto dell’autista. Mi strofino le guance, solo adesso ho notato che la barba è da fare. L’aggiungerò alla lista delle cose da fare, se avrò tempo di farla, perchè ogni giorno diventa più lunga. Le porte dell’autobus si aprono rumorosamente, sono arrivato. Faccio un tratto a piedi ho le stringhe slacciate, mi fermo per allacciarle, le scarpe stanno proprio tirando le cuoia. All’ingresso i colleghi fumano l’ennesima sigaretta di questa domenica mattina. Hanno fatto la notte, scambio solo qualche battuta circostanziata ed entro.
Otto ore dopo. Ho la testa vuota e trentacinque euro in più nel portafogli. Non ho voglia di fare niente. Mi siedo in una bar e chiedo un Campari e un tramezzino al salmone, poi un altro con la bresaola, 7 € dei trentacinque sono andati. Guardo il display del telefono in attesa di una tua chiamata, un messaggio che esprima un tuo desiderio di vedersi. Niente. Cerco Leo ma non prende, poi Matteo. Sono in centro, alla Feltrinelli, hanno comprato dei libri e un cd che devo assolutamente masterizzare, ci vedremo a Termini fra mezz’ora. Poi, forse, una birra. Sono calmo, la metro è stracolma di gente che mi suda accanto. Una ragazza che profuma di muschio bianco mi è a fianco. La immagino mia, pronta a darmi fiducia e forza, e a segnare il mio corpo col suo. Sulla sbarra di appoggio faccio scendere la mia mano sulla sua. Non mi guarda, giustamente pensa che abbia perso la presa e la sposta tranquilla più in giù. La metro rallenta d’un tratto, la mia donna recente mi è addosso. Sommergo nei suoi capelli, chiede scusa e sorride meravigliosamente. È la mia fermata. Scendo.

In stalla

Sono nell'atrio con le ruote a terra collegato wi-fi con il fido Susi che smanetta sulla tastiera. Una vecchia mi si avvicina alle spalle e mi chiede: - Che fai ciatti con qualche signorina? resto fermo immerso in una nuvola di aglio e pasta per dentiere. Il mio amico inclemente risponde al posto mio: - E chi se lo prende. Ma la vecchia non contenta rincara: - E tu non farti vedere. Detto questo si allontanta senza stare a sentire le mie ragioni.

Al bar

Il barista mi prepara un caffè zuccherato a suo piacimento. Lo bevo seduto in un bar senza tavolini, accanto un compagno pure lui seduto che osserva compiaciuto il mio breve disagio. Stasera, poi, ci troveremo un'altra volta seduti accanto in un locale con un servizio altrettanto scadente. Ho intenzione di bere più di un poco, birra credo. Una promessa: più post.