PBI - Un appassionante Trimone


Onesto Trimone, Per un pelo, Montatori, 2002.

L'autore pugliese torna a raccontare in un nuovo romanzo autobiografico l'esperienze sessuali del periodo 1998 - 2001.
Uno spregiudicato ritratto sull'Italia contemporanea che non mancherà di stupire e appassionare lettori e lettrici. "L'entusiasmante ritorno di una delle voci più spudaratamente ingenue della letteratura contemporanea" Il Manifesto.

La sera prima della prima sera (racconto medio dell'uso)

Anche quella volta per mettersi in contatto decisero di fare un uso infinito di mezzi finiti: parlarono a lungo lungamente, ognuno aspettava il suo turno diligentemente ed era: pertinente, breve, preciso e vero. Percorsero con quel antico mezzo di trasporto che è la lingua, numerose strade: alcune ampie e scorrevoli, altre piccole, centrali e trafficate (frequentatissime), altre ancora dismesse ormai.

Ognuno di loro - ognuno di loro aveva in casa un enorme armadio a muro in cui, accanto ai vestiti dell'ultima stagione, c'erano i vecchi indumenti dei padri ed dei nonni - aveva indosso un cappotto, ché faceva freddo ed era autunno inoltrato. Gli alberi del piccolo parco in cui incontravansi quotidianamente nel pomeriggio erano tutti spogli delle foglie: parevano genealogici o sintagmatici quasi.

Antonella aveva mangiato una pesca per colazione, così raccontava, mentre Alessandro era stato a pesca in mattinata, ma sembrava, pareva, parse a molti, che avessero fatto tutt'e due la stessa identica cosa. Tutti erano allegri quella sera e si scherzava con Alessandro perché non riusciva mai a mettere la sorda in casa, solo a Tiziana gli brillano gli occhi e se ne stava zitta zitta. Stefania, che è la più carina e gentile di tutte, se ne accorse ovviamente, e gli chiese: - Tizi che c'hai? - Ma ella non rispose e corse via piangendo ad dirotto, a dirnove. - Credo che si deve fermarla - fece Pietro scosso, ma nessuno gli dette retta: assolutamente, e restarono tutti lì cioè. Anche Marco andò via dopo un poco perché doveva uscire con degli amici francesi di Francia e Alessandro che quella comitiva non gli piacevano, storse il muso salutandolo, ma Marco non se la prese, ma si portò via lo stesso Antonella per fare coppia.

Alessandro e Stefania, dopo che Pietro nascosesi dietro a un dito, restavano soli, egli: - Che facciamo 'sta sera Ste? Lei: - Niente, io debbo andare a casa mia - e si tirò su il cappuccio, il cappuccino, che il freddo incominciava ad essere pungente. I due si salutarono senza baci e Alessandro si rattristì un poco ma poi gli passò, poi.

Al mio amico Francesco Sabatini.

Breve scheda sulla flessione verbale nell'italiano parlto.

Nello standard il sistema verbale italiano possiede una gamma molto ampia
di paradigmi temporali e modali, nel parlato però la suddivisione
dei tempi è abbastanza ridotta. Il parlato una un sitema bi base
costituito da presente (prossimo, remoto, o entrambi a secondo delle
regioni) passato e imperfetto quali tempi deittici, e trapassato prossimo
quale tempo anaforico.

Il presente indicativo, è usato come presente, ma anche
in luogo del futuro semplice (il mese prossimo vado in vacanza)
e del passato, il cosiddetto "presente storico", (stamattina
mi alzo e la vedo che dormiva…
). Queste possibilità
entrambe realizzabili nello scritto, hanno maggiore d'uso nel parlato.

Il passato prossimo è largamente usato al Nord, per eventi passati
sia recenti che lontani nel tempo e nella conversazione il passato remoto
tende a non emergere mai, e pare essere confinato nelle generazioni
più giovani a testi narrativi non autobiografici (favole).

L'imperfetto indicativo è adoperato come passato durativo,
come nello scritto, (aveva nove anni quando ha fatto la comunione),
ma ha nel parlato una gamma di usi modali, più che temporali,
specie come forma controfattuale. Lo troviamo così nelle ipotetiche
dell'irrealtà (se lo sapevo ti portavo il cd che ti dovevo);
e nel discorso riportato per segnalare il futuro del passato (Marco
pensava che era bello volare
) con era al posto di sarebbe stato.
L'imperfetto può perdere tutto il suo valore di passato e passare
all'uso attenuativo. Abbiamo così tutte quelle forme di cortesia
tipiche del passato, attenuativi generici, (volevo sapere se c'è
un treno diretto per Messina
).

A fianco a l'uso modale del imperfetto possiamo collocare la tendenza
a usare il futuro in modo non fattuale, in particolare il futuro
epistemico con cui si esprimono congetture e inferenze sul presente
o il passato (avrò circa trent'anni, saremo stati nell'inverno
del'99
). Nell'italiano parlato gli usi non futurali del futuro sono
circa un terzo sull'insieme delle occorrenze del futuro.

Nella medesima linea si potrebbe notare la nota tendenza ad usare l'indicativo
in luogo del congiuntivo
nelle dipendenti completive (credo che
la tua presenze è importante, spero che è preparata per
l'esame di chimica
), ma il fenomeno è piuttosto riconducibile
a un trattamento delle subordinate come principali (nel parlato il legame
sintattico tende ad essere meno avvertito). Tale tendenza è più
forte nell'italiano meridionale e nelle varietà diastratiche
basse (nella conversazione di studenti universitari settentrionali il
congiuntivo in dipendenti è abbastanza saldo).

Anche l'opposizione di diatesi attivo/passivo è sottoutilizzata:
il passivo è poco frequente nel parlato specie se conversazionale.
L'esigenza di portare a soggetto il complemento è ben svolta
dalla dislocazione a sinistra. Nel parlato le occorrenze del passivo
si incontano nelle frasi prive di agente (se sarò lasciato
solo, sarò fatto a pezzetti
).

L'uso orale include quindi, solo un sottoinsieme delle possibilità
previste dal sistema descritto dalla grammatica, con un conseguente
allargamento del valore di alcune forme o paradigmi. Minore è
la vera e propria devianza dalle regole morfologiche dello standard,
e ben pochi sono i casi in cui la deviazione a carattere così
ricorrente tale da essere considerata una regola.