Beata lei

Il pantalone nero le sta bene e il viso con due occhi stanchi pure meglio. Ci versa da bere a tutt'e due lo stesso intruglio in bicchieri diversi. Ramazza il Posto dall'opposto al lato nostro in cui siamo seduti sudati, ma senza sorridere se non glielo chiedi. Poi il mio giovane amico celato dal bancone fa come a chiederle il tempo. E lei risponde che è lo stesso di sempre, che non è cambiato e va via e ci bacia e ci da dei belli. Io qualche sera dopo, sempre rivolto al mio amico mentre eravamo per strada assumendo nicotina, avverto che una donna di quella stazza prenderebbe il largo con me. Mi risponde facendo tutta una storia e si lamenta di chi vuole uscire soltanto da amica. Poi accende la moto e un mazzo consumato di rose che qualcuno senza starci a pensare aveva dimenticato su una bicicletta.

Con un caffè o senza

Proprio nel bel mezzo di una pacifica conversazione, ne domandava una tazzina scura, sbeccata senza piattino. Fischiava l'ordigno, avvisava i passeggeri miei stimoli in attesa. Poi lo zuccherava a piacere, mai per comando, e leccava il romito cucchiaino che mi passava a mo' di staffetta. Che non fosse un invito quello che io ho sempre preso per pudicizia ostile. Adesso che è ben lungi dal farlo, a meno che in un bar o dove aspetto e le offro da bere, adesso vorrei ricambiarle la cortesia e leccarle anch'io il cucchiaino fino a farlo brillare per poi renderlo intonso. E non mi si venga a dire che non è un desiderio condiviso. Io che prima sputavo nel piatto con pochissime distinzioni di sorta, ora nel peggiore dei casi le leccherei la scodella, anche se m'è bastato, la solitudine fa di questi scherzi, sentirne da lontano l'odore.

La bestia immonda



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Dopo di noi

Mi alzo a fatica dal letto. E' già un'impresa raggiungere il bagno. Una doccia è quello che ci vuole. Lascio cadere l'acqua bollente nel solco della mia spina dorsale. Sto già meglio. Mi vesto piano, l e n t a m e n e n t e. Deglutisco un caffè seduto in soggiorno dove Giovanni fuma e tossisce con in dosso un cappotto per l'intenso freddo. Mi faccio forza, esco. All'inizio mi muovo a fatica, mi fermo mettendo entrembe le mani sulla parte terminale della schiena. Dopo qualche centinaia di metri l'organismo si rimette in moto, sembro quasi una persona normale. In metro ho accanto una ragazza che legge un libro. La fisso e penso a ciò che mi potrebbe fare con le sue carnosissime labbra. Scendo a POLICLINICO. Sulle scale mobili il caffè inizia a fare effetto. Faccio aria. Dietro di me qualcuno tossisce. Malanni stagionali.