Giusto ieri il dispaccio d’agenzia sulla fine presunta di questo sentire mi faceva annunciare a tutti con infinito cordoglio l’estremo saluto negato. Oggi invece rincuorato da precipitate parole, attendo. Lo tengo spento per non cercare di continuo in una tasca non mia l’icona di un suono o di una pacata vibrazione inavvertita. Ma niente. Adesso è immobile sul comodino come un qualsiasi ninnolo polveroso. Malinconico - o meglio: patetico, come in passato altre genti hanno cortesi ammonito - conserva al suo interno parole, le frasi che hai lanciato nella rete e a cui mi sono impigliato come un tonno al naturale destino. Le mie carezze cosa non hanno? e il mio sguardo, il mio corpo cosa?
Non ho resistito, ho dovuto cercare il tuo nome in rubrica e col dito incerto sfiorare più volte il tasto verde. Finchè mi sono detto: ma sì. La tua voce mi ha subito calmato. So che non potrà essere diverso, lo so. Cosa mi ero messo in testa! Ma niente, è solo che sono maledettamene disperato o qualcosa del genere. Ho ancora tratti di serenità in cui avverto appieno quanto sia cara la tua compagnia che diventa ogni giorno più rara e forse per questo preziosa. Leggendo son certo che potrai capire, capirmi, e che non ci sarà bisogno di chiedere scusa.
Words
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Ragionavo ieri, davanti alla trasmassione di Fazio e Saviano, che oramai la
maggior parte delle persone che mi "piacciono" o con cui "collaboro" o con
cui ...



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